I racconti popolari croati che abbiamo scelto e curato per questa edizione della Narrativa nazionale. Cinque secoli della letteratura croata (Matica hrvatska, 1963), a cura di Maja Bošković-Stulli, sono difficili sia da descrivere brevemente sia da stabilirne le origini. Non c’è da meravigliarsi poiché è molto difficile definire in modo soddisfacente un termine nel quale rientrino storie con motivi così vari come il rosmarino parlante, la rana che si trasforma in una ragazza o il bandito che risolve qualsiasi problema con il proprio coraggio, senza l’aiuto di poteri magici, sapendo soprattutto che queste storie sono anonime e non svolgono necessariamente la funzione di un testo letterario. Inoltre, queste storie sono state scritte un secolo fa, e le recitavano i cantastorie croati, i quali le avevano sentite dai loro nonni e questi, a loro volta, dai propri nonni. Questa catena narrativa potrebbe andare avanti all’infinito perché non è possibile individuare esattamente il primo narratore né i successivi che, con la loro narrazione, hanno cambiato la storia.
La bellezza delle storie raccontate oralmente, e quindi anche di quelle croate, sta proprio nella loro apparente semplicità. anche se sono note da molto tempo e continuano ad affascinarci per la loro fantasia è pur sempre difficile discuterne. Molti studiosi hanno provato a risolvere il problema. Il primo saggio su una possibile classificazione delle storie, che emergono dai costumi e tradizioni popolari, lo ha scritto il teorico olandese della letteratura André Jolles. L’autore, nell’opera Forme semplici del 1929, divide i racconti orali in: racconti popolari, leggende riguardanti santi, arrese, miti, enigmi, proverbi, kazus, memorabile e barzellette. Ogni forma è così definita con le necessità basilari della comunicazione mentre il termine “semplice” è in effetti ripreso da Jacob Grimm e la teoria sulla “poesia naturale” (Naturpoesie) contrapposta alla “ poesia artificiale” (Kunstpoesie). Conformemente a ciò, le forme che fuoriescono dai costumi e dalle tradizioni del popolo sono più semplici poiché nascono spontaneamente a differenza di quelle nate dalla “poesia artificiale” la quale, oltre ad avere un autore, tende sempre all’arte. I critici tuttavia hanno subito notato che le forme semplici di Jolles non sono i primi metodi di espressione del popolo dai quali sorgeranno generi letterari più compatti. Questo si riferisce in primis al racconto popolare, il quale non è semplice sotto nessun aspetto, tenendo presente soprattutto che la storia popolare spesso si definisce come fiaba, e quest’ultima è, comunque, una forma il cui stile e la cui origine sono più simili ad un testo letterario.
Gli studiosi croati che si occupano della tradizione orale croata incappano spesso in problemi simili. La più famosa studiosa croata in quest’ambito, Maja Bošković-Stulli, e colei che dobbiamo ringraziare per la maggior parte delle storie presenti in questo libro, afferma che i generi e i tipi della tradizione orale si possono di solito suddividere secondo i temi e le forme. Cosciente di quanto ingannevole il termine fiaba possa essere, l’autrice spiega che il termine “storia” può inglobare leggende, racconti d’avventura e umoristici della quotidianità ma anche le favole, indipendentemente se esse contengano elementi soprannaturali o meno. Quello che le unisce sono lo stile, il modo molto complesso e il motivo per cui hanno avuto origine.
È evidente che niente è semplice quando si tratta di racconti popolari. Non esiste una continuità semplice dal tempo di “c’era una volta” ad oggi. Stimolate dalla voglia per la salvaguardia, l’organizzazione e la trasmissione di tutte le cognizioni ed esperienze della comunità, i racconti popolari sono cambiati passando da un narratore all’ altro, trasmesse da una generazione all’altra, cambiando le proprie funzioni, forme,territorialità e adattandosi ai cambiamenti sociali dei quali uno è stato il passaggio dal credere al non credere per cui la maggior parte delle storie raccontate oralmente, si sono successivamente trasformate in storie per bambini.
Nella sua lunga, inusuale e ferma continuità, le storie popolari sono entrate nella storia e nella letteratura perché l’espressione orale e scritta si intreccia rivelando una necessita comune sia per i racconti che per l’estro narrativo. La guerra di Troia nell’Iliade di Omero, il lungo ritorno verso casa di Ulisse nell’Odissea, il guerriero anglosassone che nel Beowulf uccide il drago, la raccolta di Chaucer delle forme orali del Medioevo europeo ne I racconti di Canterbury o l’assimilazione da parte di Boccaccio di storie da tutto il mondo nel Decameron, sono prove della precoce presenza e del profondo inserimento di racconti orali in opere che oggi fanno parte della letteratura. Nello spazio croato incontriamo un esempio simile nell’opera Annuario dell’abate Dukljanin che è stato scritto nel sec. XII da un sacerdote ad Antivari (Bar), poi tradotto nell’ambiente spalatino con alcune aggiunte dal latino in croato nel sec. XIV. Quest’opera rappresenta non solo lo scritto più antico riguardante la storia dei Croati e degli Slavi del Sud ma anche una delle testimonianze più antiche della tradizione orale croata, nonché testo letterario.
Con l’interessamento esclusivamente per la tradizione orale agli inizi del sec. XIX nella cornice del romanticismo europeo, presto risulta chiaro che sarà difficile trovare una metodologia con cui studiare in modo appropriato questo corpus. Dai lavori iniziali dei fratelli Grimm e la loro teoria mitologica secondo cui tutte le storie hanno la stessa origine, attraverso il tentativo di suddividere chiaramente le storie geograficamente e storicamente, attraverso le teorie strutturali, la psicoanalisi, gli studi comparativi per arrivare fino all’interazione con gli informatori viventi ponendo l’accento sul contesto e sul procedimento della narrazione, lo studio della tradizione orale si è sviluppato in un ambiente molto dinamico che raccoglie studiosi di diverse discipline. Quello che le loro ricerche in effetti hanno fatto venire alla luce è che la tradizione orale non narra la storia solo di un passato immaginario bensì scopre la storia di un presente immaginario.
I racconti popolari che seguono rappresentato solo una parte della ricca tradizione orale croata. La loro peculiarità è la conseguenza di vari e molteplici contatti tra la tradizione dell’Europa centrale, mediterranea, pannonica e balcanica visto che la cultura croata è il risultato di svariate circostanze storico-sociali. D’altra parte, è praticamente impossibile classificare queste storie secondo la loro ipotetica e di solito insicura origine. Quindi queste sono croate perché le ha raccontate un narratore croato nel suo dialetto in un tempo determinato e le ha sentite nella sua comunità locale.
Tuttavia, quello che si è perso sicuramente nella metamorfosi dal corpo al testo si riscontra nella carenza della scrittura. Quest’ultima ha concesso l’eternità al linguaggio ma ha di conseguenza cancellato il narratore che utilizza dei metodi con i quali completa quello che non viene detto soltanto a parole. Quindi, ricordatevi che le storie sul gatto scontroso, sulla figlia vorace, sulla compagnia “coraggiosa” del gallo, sul ragazzo che inganna il re indiavolato e molte altre che qui vi aspettano, una volta venivano completate con la mimica, pause, sussurri e gesti del narratore zelante.
E mentre il narratore originale è scomparso da tempo, la necessità di raccontare come quella di ascoltare le storie è rimasta. Quindi, l’ascoltatore o il narratore di queste storie è chiunque voglia reprimere l’incredulità ed entrare in un mondo che discerne l’insolito nel comune, un mondo che in definitiva ci insegna come rispettare e gioire del momento.